• Quotidie

    Niente di eccezionale. Accade tutti i santi giorni, senza clamore. Tessere di vissuto vanno a comporre mosaici sfaccettati, ora dai colori tenui e timidi, ora volitivi e abbaglianti. Ma la visione dell’insieme ci è preclusa, intenti come siamo a colorare il nostro frammento con minuziosa e inconsapevole fatica.

    È in questi gesti ripetuti che si rinnova la speranza, intesa come azione collettiva e potente di quotidiano impegno. Ognuno di noi ha almeno una ragione per fare la sua parte. Un angolo di cura, di passione, da far crescere con responsabilità. È la costanza a conferire unità al molteplice, il filo conduttore che ci rende tutti, davvero, simili.

    Pur avendo diverse andature, diverse motivazioni, diversi obiettivi. Ci misuriamo con imperfezioni e difficoltà, spesso con la tentazione di cedere alla stanchezza. Talvolta avvertiamo il peso di una qualche delusione o di un’attesa un po’ troppo lunga. Non sempre otteniamo i risultati che vorremmo. Ma continuiamo a procedere. Occorre disciplina, allenamento.

    Penso che dovremmo soffermarci, almeno ogni tanto, a prendere coscienza di tutte queste concretissime altitudini di quotidiano fare e pensare. Della loro portata e temperatura. E poi, ringraziarci, reciprocamente. Riconoscendo nell’altro una traccia della nostra comunque bella fatica. Potrebbe essere questo il “giorno giusto” per iniziare? Questo, connotato da millenni come il giorno di un “passaggio”?

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One Responseso far.

  1. Franco ha detto:

    L’incontro con l’Altro spesso è fonte di complicazioni, dubbi,fraintendimenti, paure anche. Conferire unità al molteplice è attività che a tutti non riesce. Quale parte di me (Bios,Zoé,Psyché, Nous) interagisce con l’altro?
    Bastano la discipilna e l’allenamento? Non rischi di semplificare? Io non ho certezze, ma preferisco coltivare le mie incertezze rischiando anche di chiedere all’Altro ciò che non potrà darmi, forse, mai.

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