• Un Piano Paesi per servizi, manutenzioni, infrastrutture e reti digitali

    L’Italia è il Paese dei paesi. La politica, oggi più che mai, deve ripartire da lì, dai piccoli borghi storici e dalle comunità della montagna. Dai luoghi che da tempo chiedono di risolvere il divario digitale, una seria tutela delle risorse naturali, turismo di qualità e nuove filiere di sviluppo locale. Dai territori fragili, talvolta abbandonati; da una realtà di infrastrutture e manutenzioni assenti, servizi carenti e persone giovani che, alla prima occasione, se ne vanno altrove.

    Eppure i paesi coprono complessivamente il 60 per cento dell’intera superficie del territorio nazionale, il 52 per cento dei Comuni e vi risiede ancora, nonostante tutto, il 22 per cento della popolazione. Un patrimonio di storie, cultura e terre da coltivare sul quale la pandemia ha riacceso i riflettori guardando a stili di vita più lenti e sostenibili.

    La rigenerazione demografica, economica e culturale dei paesi è obiettivo del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), con già 20 milioni di euro stanziati dal governo Draghi per finanziare 21 progetti pilota, uno per Regione o Provincia autonoma. Interventi che devono poter procedere senza passare da rinegoziazioni fantasiose o incagliarsi nelle reti della burocrazia: la politica, per essere credibile, deve poter ridurre i tempi di risposta ai bisogni individuati. Non c’è tempo da perdere: in media ogni anno, nei paesi, a ogni nascita fanno da impari contraltare quattro decessi.

    In un momento complesso come quello attuale, col caro energia che incombe sulla tenuta di famiglie e aziende, la politica deve fare attenzione a non commettere quella che per don Lorenzo Milani era la peggiore delle ingiustizie: far parti uguali tra diseguali. E chi vive nei paesi ha di fatto minori risorse per affrontare la crisi. Per questo deve andare avanti la proposta di legge per ridurre del 30 per cento le tasse alle imprese che investono nei paesi di montagna; potrebbe inoltre essere messa in campo una puntuale misura di fiscalizzazione delle tasse sull’energia per i piccoli borghi.

    Agire nell’emergenza, tuttavia, non risolve il problema: ecco perché occorre un Piano paesi, un’azione sistemica che generi lavoro, una progettualità di lungo respiro con l’obiettivo politico della redistribuzione della popolazione su tutto il territorio italiano sia per dare nuova linfa ai paesi, sia per alleggerire il carico antropico che oggi grava sulle città.

    Un Piano di politiche attive, lontane dagli approcci assistenzialisti che poco incidono sulla reale qualità della vita nei paesi, che guardino alla cura dei boschi, alla terra e all’agricoltura come il miglior motore della transizione ecologica. Un Piano di investimenti in servizi che ricalibri la percezione dei luoghi, perché i paesi sono una risorsa che richiede prima di tutto la fiducia e l’impegno delle persone.

    Negli ultimi decenni l’Europa è diventata soprattutto terra di servizi e terziario e la modernità, per l’Italia, potrà esprimersi proprio portando servizi e terziario nei piccoli borghi e nei paesi, facilitando il lavoro agile con una più capillare copertura di reti, riqualificando e tutelando anche il patrimonio edilizio: ad oggi, invece, ci sono più case che abitanti.

    Aria, acqua, suolo e ambiente sono la grande ricchezza rinnovabile dei paesi italiani che oggi possono giocare un ruolo da protagonisti per le nuove scelte europee del Green deal, per centrare gli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 e dell’Accordo di Parigi.

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