Sono ore disuguali che dilatano il sole, che tengono il sipario aperto, ore mobili, seminate di possibilità di nuove evoluzioni. Si avvertono nitidi i ritmi della città e questo giorno segna il tempo di un accordo primitivo. È il battito della città che si eleva tra i rami che l’abbracciano e l’austerità delle sue torri. Nell’aria c’è un fruscio, una dimensione del quotidiano che determina e separa, c’è il rumore del tempo. Quello che ci è consegnato e dato di vivere, quello che impieghiamo, quello che assolve le attese e che matura le relazioni. Il tempo della Politica, al singolare, esatto nella sua imperfezione umana. Prendersi cura del tempo è la responsabilità che condividiamo, fruendo la lentezza come condizione necessaria per permettere a tutti di non rimanere indietro; ma anche sostando nella vertigine della velocità quando si è intuito che la strada intrapresa è quella che consente la visione migliore. Occorre studio, pensiero, cuore. Slacciare il cinturino dell’orologio e ascoltare i palpiti della città che cambia. Lucca è percorsa da tempi che sembrano intrecciarsi, un gomitolo affascinante ma insidioso. Possiamo ritrovare la via di casa e arredarla, con tutto il garbo di cui siamo capaci, perché una sola è la via di casa, ma di tutti. Questo “sole che sta” sembra quasi volerci regalare, oggi, un’energia rigenerata per afferrare, senza volerlo possedere, il tempo di scelte nuove.