• Fare e ri-costruire?

    Lo scorso 8 febbraio Salvatore Settis su La Repubblica scriveva che in Italia, negli ultimi cinque anni, si è costruito per “otto metri quadrati al secondo” e “in un Paese a incremento demografico zero.” Il 16 febbraio l’intera Piazza Affari è stata ricoperta da 10.000 caschetti gialli a indicare i posti di lavoro persi a Milano nel settore delle costruzioni. L’hanno chiamata “la giornata della collera”: l’associazione delle costruzioni edili ha scelto un luogo simbolo per chiedere alla politica di rilanciare il settore. Settore che certo deve essere rilanciato, ma, considerando anche ciò che scrive Settis sarà difficile farlo proseguendo sullo stesso binario seguito fin qui se non vogliamo sprofondare in una enorme betoniera.

    È necessario per questo fronteggiare con spirito nuovo e creativo questa realtà, ripensando la crisi economica come opportunità piuttosto che come minaccia. A questo sono chiamate le imprese, gli studi professionali di architetti, ingegneri, periti edili, geometri. Insomma, tutta la filiera dell’edilizia (dalla progettazione alla realizzazione) deve riorganizzarsi.

    I dati con i quali ci dobbiamo confrontare certo non sono incoraggianti: secondo un’indagine congiunturale di Unioncamere e Ance presentata a Firenze lo scorso novembre, il 59,7% delle imprese edilizie toscane registra una riduzione dell’attività rispetto all’anno precedente, soltanto il 7,6% rileva una crescita. Analizzando i singoli comparti di attività emerge che le imprese che hanno dichiarato un trend positivo sono le stesse che svolgono anche attività di manutenzione e recupero. Anche l’accesso al credito è in affanno. Il clima di sfiducia è tangibile, la tendenza è il ripiegamento perché manca l’impulso a investire e assumere. Eppure è in questo scenario che dovrà sostanziarsi una ripresa, un’azione collettiva, una rinascita su nuovi presupposti.

    Certo la politica deve offrire risposte concrete liberando le risorse disponibili bloccate dai patti di stabilità e dando certezza ai tempi di pagamento. Il prodotto edilizio (intendendo quindi con questo anche i recuperi, le ristrutturazioni, le riqualificazioni) deve inserirsi in una logica di filiera integrata nella quale tutti i soggetti in causa fanno la loro parte per facilitare l’impresa.
    Il territorio oggi richiede con forza campionature di progettazione, di risanamento, di recupero, di eliminazione di tratti squallidi di alcune periferie, di rifunzionalizzazione. Proprio su queste domande dovranno essere misurati nuovi progetti in grado di affrontare, per prima cosa, i problemi della convivenza, poi dell’ambiente, dei servizi e di produrre modelli da sottoporre a continua verifica. Occorre nuova aggregazione sociale che si crea intorno a luoghi belli anche in periferia. Insomma, si faccia Urbanistica pensando al quotidiano, ai bisogni delle persone. Non dimentichiamoci che in molte città i nuovi ghetti sono di nuova progettazione griffata.

    La committenza pubblica è un’opportunità e uno stimolo trasversale, per le imprese, ad aggiornarsi e proporsi ai bandi di gara. Le associazioni di categoria devono inserirsi nel rapporto con le istituzioni locali per favorire la regolazione e il coordinamento delle politiche di sviluppo. Il Comune, da parte sua, dovrà semplificare al massimo le normative e procedure, ridurre i tempi al fine di consentire una maggiore agilità. Vanno probabilmente ripensati i criteri con i quali si attribuiscono gli appalti e, proprio in virtù del momento di crisi, avere il coraggio di determinarli in base alla qualità dell’offerta proposta e non solo al prezzo.
    Abbiamo visto sul nostro territorio che questo criterio è stato più volte deleterio: sottopasso di via Ingrillini o ponte ciclopedonale a Monte San Quirico, ma non solo. Tuttavia qualità e specializzazione possono essere le caratteristiche vincenti se coniugate a innovazione e nuove tecnologie.

    Scegliere la qualità è investire in ripresa e in futuro, consegna al cittadino una città migliore e rende merito agli intelletti del territorio. Per questo occorrerà un’attenzione in termini di incentivi e di agevolazioni burocratiche sul tessuto di una città che si autotutela, che si riusa, che si recupera con criterio; che persegue un’edilizia (anche privata) che vada incontro a principi di sostenibilità, a interventi di manutenzione, messa in sicurezza, riqualificazione energetica. Certi assetti e strategie si allungano su un territorio che, per identità, non limita i suoi confini a quelli municipali. Anche negli investimenti Lucca e la Piana devono affiliare le loro politiche per rilanciare servizi, potenziare infrastrutture, disegnare nuove possibilità di presidi abitativi ridando nuova fisionomia al costruito delle campagne e delle colline.

     

    Share

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Time limit is exhausted. Please reload the CAPTCHA.