• Coltivare Cultura

    La Cultura (bel termine tondo che deriva da “coltivare”) certo non s’improvvisa, la Cultura si amplia nel tempo, mette radici e crea legami. Ha bisogno però di molto nutrimento, ma a sua volta alimenta.

    Occorre viverla nel susseguirsi delle stagioni che alternandosi lasciano tracce indelebili, modificando incessantemente la morfologia del suolo.

    La Cultura incide su un humus che è in primo luogo patrimonio umano, di sapienze ed esperienze divenute tradizioni, linguaggio comune dello stare insieme e abitare lo stesso luogo. La stessa città. Proprio i centri urbani possono rappresentare esempi di valorizzazione della Cultura che, tra l’altro, per sopravvivere deve sforzarsi di divenire anche elemento attrattivo di crescita economica, senza vergogna. Proprio come una coltivazione però la Cultura è processo, progetto e cura.

    Per questo la Politica, arte della città e delle sue relazioni, avrebbe il dovere di interpretarne questo spirito vitale capace di rinnovare e offrirsi, capace di far crescere ogni singolo individuo.

    La questione può essere identitaria: non avrebbe senso coniare termini come “lucchesità” e poi calpestare quelle che sono le peculiarità della nostra Lucca per adeguare turismo ed eventi a una logica di mercato spicciolo di posti letto e cibarie varie perché Lucca non si presta ad essere masticata in fretta. Va assaporata semmai lentamente. Qualcuno parla di “slow mood”, uno stato di grazia, una bella sensazione che avvolge chi riesce a cogliere la qualità urbana che Lucca offre, un andamento di visita che si adatta al proprio piacere, che è certo anche piacere del mangiar bene, anzi.

    È arte che si distende lungo vie e piazze, è memoria nascosta e sapienti maestranze.

    Un centro storico a colori caldi o freddi, uno per ogni mese dell’anno, che sfumano l’uno nell’altro tra contrasti e corrispondenze. Un’offerta costante, non dimentichiamo le tante ville sulle belle colline, per chi a Lucca ci arriva da fuori, ma anche per chi la vive: un patrimonio, il nostro, che si presta naturalmente come stimolo di consapevolezza civile e di crescita creativa. Vivere a Lucca richiede coscienza della bellezza, o comunque sviluppa spesso un certo senso estetico.

    I nostri luoghi, le architetture, il pensiero che ospitano e alimentano, la ritualità – anche religiosa – sono percorsi educativi permanenti da tutelare al massimo. Custodire certo, ma non come una teca distante di un museo, ma come un poliedrico maestro che ci accompagna e ci racconta e ci pone domande.

    Ben vengano gli eventi, grandi, piccoli e tanti. Ma affinché lascino traccia sul territorio, è necessaria una regia e uno sguardo lungo. Ma questo lo sento dire da un secolo. Esiste già?

    Se sì, chiedo venia, se non me ne sono accorta è perché ero distratta.

    Esiste forse la consapevolezza di questa mancanza. Ma si è trovato un “elemento conduttore” che leghi, in un network culturale, quello che c’è, quello che verrà e quello che vorremmo? A me non pare. Penso ad una sorta di link per gli eventi, che li annodi e gli accomuni: elementi interni di richiamo tra una manifestazione e l’altra, tra livelli, tra elementi culturali all’interno della storia che vogliamo raccontare. Così si cresce si produce cultura, si stonda sapere.

    Penso ad una sorta di immagine coordinata della città. C’è già? Se sì, mi son distratta davvero per troppo tempo… Una sorta di progettualità permanente affinché non si arrivi sempre a fare i conti con l’emergenza e con l’ultimo momento. Il prossimo settembre il sagrato di san Michele ospiterà i banchetti? E i Comics? Tutto bene così? I vincoli valgono quando ci pare? Un governo degli eventi preparato ad affrontare lo sviluppo in armonia con i valori immensi del suo patrimonio.

    Ogni manifestazione dovrebbe essere la maturazione di un raccolto che non possiamo permetterci di lasciare alle muffe nei magazzini: ogni momento di condivisione culturale dovrebbe essere trampolino di lancio per un altro, senza soluzione di continuità. Esagero?
    Spetta a noi il compito di andare oltre un solo luogo e un solo tempo, di andare e contaminare, contaminarci di un’energia nostra che viene da lontano e ci rende pienamente cittadini-abitanti.
    La Politica deve poterci mettere il coraggio e la visione, deve poter investire le sue risorse e mettere a sistema i contributi che anche i privati possono e vogliono dare, senza preconcetti aprioristici ma in un’ottica di virtuosa sinergia “illuminata”.

    La Cultura, tramite anche un necessario graduale cambio di mentalità, dovrà essere realmente al centro delle linee programmatiche innovative dell’amministrazione. Per questo occorre un discorso strategico complessivo, accordato, coraggioso, che aggreghi al massimo le potenzialità del territorio, al di là delle; anche interessanti, personalità dei singoli, per costruire progetti veri unendo identità, tradizione e rinnovamento. Occorre definire in concreto una rete infrastrutturale per la Cultura, gli obiettivi e i soggetti in gradi di dare attuazione a tutto questo. Non c’è più tempo, ne abbiamo perso troppo. Occorre un sostegno, attraverso sistemi fiscali premianti, a chi, davvero, voglia investire in Cultura, a chi, all’interno di un museo, per esempio, voglia organizzare una mostra… E a proposito di musei: passando da via della Quarquonia ci imbattiamo nel Museo di Villa Guinigi. Dallo scorso 6 luglio fino al prossimo gennaio il museo ospita la mostra, evento internazionale, “Pittori a Lucca al tempo di Paolo Guinigi. Battista di Gerio in San Quirico all’Olivo”. Ma se non lo avessi saputo, come avrei capito che in quel luogo c’era quella mostra? Non un cartello, un totem ad indicarlo. Il solito refrain del non ci sono soldi? Altre problematiche che non sappiamo o non possiamo sapere non essendo dell’ambiente? La scelta dell’ingresso gratuito alla mostra è giusto? Ne possiamo parlare?

     

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